STORIE DI FARI * Il Farista di Capo Sandalo
di AnnaMaria "Lilla" Mariotti
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L'Isola di San Pietro si trova vicino alla costa Sud Occidentale della Sardegna ed è meglio conosciuta come "L'Isola di Carloforte" dal nome della sua unica città. E' una piccola isola, la strada principale che l'attraversa da Nord a Sud è lunga 12 Km., eppure è un piccolo mondo a sé; i suoi abitanti parlano un arcaico dialetto genovese perché discendono da quei pescatori di corallo originari di Pegli a cui l'isola fu donata dal Re Carlo Emanuele La costa Est dell'isola è delimitata da bianche spiagge sabbiose, mentre la costa Ovest è un continuo susseguirsi di scogliere rocciose ed è su una di queste rocce dominanti il mare che si trova il Faro di Capo Sandalo. Bruno Colaci, il guardiano del faro (nella foto a sinistra), è un uomo di 58 anni, cordiale e austero nello stesso tempo, un moderno eremita, uno di quegli uomini che possono ancora condurre una vita silenziosa ed appartata in un'epoca in cui la fretta regna sovrana. Salendo i 124 scalini delle torre per arrivare alla lanterna, Bruno racconta la storia della sua vita e le situazioni che lo hanno portato a diventare guardiano del faro. E' entrato per la prima volta in un faro all'età di quattro anni quando, alla fine della Seconda Guerra Mondiale, suo padre, che era stato in marina, aveva ottenuto il suo primo incarico come guardiano di faro nel 1945 e da bambino Bruno ha viaggiato lungo le coste italiane ed ha vissuto nei diversi fari a cui suo padre veniva di volta in volta assegnato. Alcuni di questi fari si trovavano sulla terraferma mentre altri erano situati su piccole, lontane isole dove, egli ricorda, qualche volta, durante le tempeste, avevano dovuto aspettare anche 15 giorni prima di poter avere aiuto e cibo. Mentre viveva in alcuni fari sulla terraferma si era trovato a dover camminare anche cinque o sei chilometri per poter andare a scuola. Quando per Bruno è arrivato il momento di entrare nel mondo del lavoro, egli pensò che sarebbe stato bello trovare qualcosa di diverso da quello che faceva suo padre, ma la vita nei fari ormai gli era entrata nel sangue e, apparentemente, era nel suo destino per cui, dopo un concorso, accettò un lavoro di "Farista", come vengono ora chiamati i guardiani, e, dopo essere stato in un certo numero di fari, nel 1972 è approdato al Faro di Capo Sandalo e da allora, salvo una breve parentesi alla "Lanterna di Genova", è ancora lì. Bruno è particolarmente fiero della sua lanterna e mostra con orgoglio le lucidissime lenti di Fresnel. Benché il faro sia stato costruito nel 1864 e mostri i segni del tempo si può facilmente vedere che lui ama il suo faro e lo tratta quasi come se fosse uno dei suoi figli. Quando gli chiedo come è la vita in questo solitario angolo del mondo, su questa roccia ventosa e isolata, Bruno risponde che lui è felice qui, in questo piccolo paradiso. Bruno parla lentamente, poche parole, poi un lungo silenzio, parole intermittenti come la luce che scaturisce dalle lenti della torre. Lui dice che si diventa così vivendo in un faro, non conosce la fretta. Bruno ha una famiglia che ama profondamente e che vive nella vicina città di Carloforte. I suoi figli devono andare a scuola e lui vuole che conducano una vita più confortevole di quella che ha condotto lui da bambino, ma lui dice che non si sente solo. Va a trovare la sua famiglia ogni volta che può ed ogni estate la moglie ed i figli lo raggiungono al faro. Bruno mostra l'antico meccanismo rotante che, prima che l'elettricità raggiungesse il faro nel 1980, doveva essere manovrato a mano ogni quattro ore, ma ora il faro è automatizzato e richiede molto meno lavoro di una volta, eppure Bruno sale la lunga scala ogni giorno e pulisce e lucida ogni cosa nella stanza della lanterna, da dove gode la bellissima vista del mare, delle rocce e della natura. Improvvisamente si ferma e mostra un volo di falchi, sono i "falchi della regina", ormai rarissimi, che nidificano nelle vicinanze del faro. Bruno dice che trovarsi nella stanza della lanterna è come passare ogni giorno in cima al mondo. Quando dice questo io posso capire come si sente, perché io mi sento come se avessi scalato non solo i 124 scalini, ma lo stesso Monte Everest.
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