LA ROSA E "MIGNIN"



Di Annamaria “Lilla” Mariotti

Personaggi: la Rosa e ‘Mignin'. La ‘matta' del paese, il suo gatto e lo strano vuoto che ha lasciato.


La Rosa, a Camogli tutti la conoscevano così, con questo semplice nome ed è tutto quello che si poteva sapere di lei. Era quella che si potrebbe definire “una tipa strana”. Se era di buon umore, si fermava a salutarti e il tema preferito delle sua conversazioni era il tempo. “Che freddo fa oggi - oppure che caldo” secondo le stagioni, oppure ti mostrava il suo nuovo piumino il suo nuovo vestito o borsetta che fosse. Se invece era di cattivo umore era capace di sussurrarti dietro le più terribili parolacce che le  venissero  in mente.

La Rosa era una donna sola, viveva in un piccolo appartamento, che fa parte del condominio dove io abito, prima con un cane, vittima di urla che salivano per tutte le scale del palazzo,  poi, quando il cane è morto è arrivato un gatto, Mignin, così lo chiamava, non gli aveva mai dato un vero nome da gatto, o forse si.  Era rimasta sola tanto tempo fa, io me la ricordo, quando ero una bambina, abitava al quinto piano del mio palazzo e vedevo la madre affacciata al balcone, una donna dal viso arcigno, sempre vestita di nero, a me faceva un po’ paura, ma stava lassù e pensavo che non potesse farmi alcun male. Poi c’era anche un fratello, anche lui, si diceva, un po’ strano, e ho sentito parlare anche di una sorella che suonava il piano, ma quella non la ricordo. Ormai sono morti tutti, la madre prima, poi il fratello ancora giovane e lei si è trasferita in quel piccolo monolocale.

Se fosse vissuta tanto tempo fa, in un piccolo paese, sarebbe stata definita “la scema del villaggio” ma non lo era, era furba come una volpe. Nessuno sapeva quanti anni avesse e sarebbe stato impossibile dirlo. Vestiva sempre in modo decente, viveva di una piccola pensione e, lei diceva, del vitalizio lasciatole da un ipotetico fratello ammiraglio: vero o falso ? Non si saprà mai.

Stava spesso seduta su un muretto in fondo alle scale che conducevano al suo alloggio e dava da mangiare ai piccioni e ai gatti randagi, ed era proprio quando era lì che diventava più pericolosa. Una volta è successo a me, mi ha sussurrato un insulto mentre passavo ed io non ho voluto lasciaglielo passare, l’ho rimbrottata e non ci ha più provato.

Qualche volta la si vedeva correre giù per le scale inseguendo con una scopa il povero Mignin, un bel gatto bianco con due macchie sulla testa e la coda da soriano.  Questo piccolo felino stava spesso dietro le sbarre della finestrella della cucina e quando passava qualcuno faceva le feste strofinandosi, come a cercare una carezza.

Poi, alla fine della scorsa estate, la Rosa si è sentita male per strada, l’hanno portata via con l’ambulanza e non è più tornata a casa sua.  Ci ha messo sei mesi a morire e il povero Mignin per tutto questo tempo è rimasto chiuso in casa, da solo, al buio.
Solo la bontà di un gentile signore, che andava due volte al giorno a portargli da mangiare, l’ha salvato. Nessuno voleva portare via il suo gatto finché la Rosa viveva, ma quando se n’è andata si doveva prendere una decisione. Per due giorni è stato ospitato nel mio giardino, era ridotto male, aveva perso  tutto il pelo e la pelle rosa lo faceva sembrare quasi un piccolo porcellino, poi, sempre quel gentile signore, lo ha portato in un terreno nelle vicinanze dove si trovano altri gatti con i quali, per fortuna, ha fatto subito amicizia.

Ora è un gatto libero, ha imparato a muoversi nei dintorni, gli è ricresciuto il pelo, sta bene e anche se ha trovato una nuova casa, entra ed esce liberamente e spesso quando lo incontro viene a farmi le capriole sui piedi, sempre in cerca di una carezza, poi, spesso, sale le scale e va ad accucciarsi davanti alla porta della sua padrona, aspettando il suo ritorno.

La Rosa non c’è più, ma devo dire la verità, nonostante la sue stranezze a me manca, era uno di quei personaggi che fanno parte di una comunità e che quando spariscono, più o meno strani che fossero, lasciano un vuoto



 
 
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