La secolare tonnara, o meglio, la tonnarella di Camogli scenderà in mare anche quest’anno. Già quest’inverno se ne sono avute le avvisaglie vedendo i più anziani pescatori lavorare il filetto di cocco, che arriva ogni anno in balle dall’India, per costruire la rete. Un lavoro certosino, fatto in silenzio, in qualche magazzino, proteggendosi le dita con nastro di plastica perché il cocco è ruvido e ferisce facilmente. Da queste mani antiche, rese agili dall’esperienza, escono grandi strisce di rete che poi, ai primi di Marzo, vengono stese lungo il muraglione del molo di Camogli per essere assemblate e formare il grande impianto della tonnara.
Il pedale, la camera della morte e il filo di cocco Un’altra rete, chiamata pedale e lunga circa 340 metri, è tenuta da parte e sarà sistemata partendo dall’impianto verso la costa, dove viene ancorata a uno scoglio. Ha il compito di chiudere il passaggio ai pesci, nel loro tragitto da ovest verso est, e convogliarli all’entrata di una prima camera, o camera di raccolta, da dove poi entreranno nella camera della morte, o lea com’è chiamata a Camogli. La lea sarà poi salpata dai pescatori tre volte al giorno, da Aprile a Settembre. I cavi che servono per tenere insieme la rete sono, per tradizione, fabbricati a San Fruttuoso utilizzando ancora antichi strumenti. Quest’anno il cocco arrivato dall’India non era sufficiente così i pescatori si sono visti costretti a utilizzare dei cavi di “manila”, un tipo di fibra tessile ottenuta dalle foglie di abacá, una pianta simile alla banana, originaria delle Filippine.
La tonnara di Camogli, una delle ultime rimaste e tra le più antiche Le tonnare così si chiamavano perché erano poste in mare per la cattura del tonno rosso ma ormai questo sembra sparito dal nostro mare e allora la tonnara di Camogli pesca tutto quello che entra nella rete. Le grandi navi fattoria che infestano anche il Mediterraneo fanno sempre una grande incetta di tonni, un pesce migratorio atlantico che entra nel Mediterraneo in primavera per la riproduzione, e hanno costretto molte antiche tonnare a chiudere per sempre. La nostra è l’unica rimasta nel nord Tirreno ed è anche una delle più antiche poiché risale al 1600. Anticamente la pesca del tonno era la più remunerativa del mediterraneo. Qui da noi una parte del pescato, per un decreto in vigore dal 1603 fino ai primi del 1800, doveva essere consegnato agli abitanti per loro uso, altro veniva salato per essere venduto. Ogni anno si sente dire che la tonnara non è più remunerativa e che non si sa se sarà più calata, quindi è sempre una gioia vedere quelle reti stese che preannunciano ancora la vita di questa nostra tradizione.
I pescatori: razza in via d’estinzione I pescatori lavorano in due turni settimanali di sei uomini ciascuno, il cambio avviene al sabato pomeriggio e le levate iniziano al primo albeggiare, poi in mattinata e l’ultima intorno alla quattro del pomeriggio. E’ sempre più un problema trovare degli equipaggi, così da alcuni anni tre giovani rumeni arrivano dalla loro terra per fare la stagione, sobbarcandosi anche due turni, per poi tornare a casa in autunno. Però, al momento di completare il lavoro e di caricare le reti in barca per portarle a verso Punta Chiappa, sotto la chiesa di San Nicolò, dove saranno calate, arriveranno molti uomini per dare una mano.
La poltrona, l’asino e le imprecazioni Quando l’impianto è pronto ha una forma quasi rettangolare, tenuto ben teso da ancore e grosse pietre sul fondo e a galla da una fila di galleggianti di plastica. Al suo centro sta ancorata una grossa barca, chia mata poltrona, che si dondola sulle onde. Il suo nome deriva dal fatto che anticamente, quando gli uomini stavano tutto il giorno a fare la guardia, su quel natante si riposavano e mangiavano. La barca che va avanti e indietro dal porto di Camogli si chiama asino, perchéporta il peso del pescato. Poi c’è la vedetta, una piccola barca a remi, spesso portata a rimorchio dall’asino, che serva al capo guardia per muoversi sopra la lea, mente un uomo sta ai remi, per guardare, attraverso lo specchio se nella camera della morte ci sono abbastanza pesci per effettuare la levata. Intanto tutti gli uomini si sono trasferiti sulla poltrona, dopo aver ormeggiato un capo della rete all’asino e, al segnale, cominciano tutti insieme a sollevare la rete. Qui non ci sono i canti e le cialome usate nelle tonnare del sud, e nemmeno le urla della mattanza. Ttto avviene in silenzio. Forse qualche volta si sente volare un’imprecazione se qualcosa va storto... E non è raro che ogni tanto qualche tipo di squalo rimanga impigliato nelle reti.
Volete conoscere le tonnare? Vi ci portano le Ziguele Dalla scorsa estate un gruppo di tre ragazze coraggiose ha costituito un’associazione, chiamata “Ziguele”, un nome indovinato, simbolo di grazia, che ricorda quei piccoli pesci coloratissimi che nuotano nel nostro mare. Queste ragazze, nei fine settimana, conducono in barca i visitatori a vedere la tonnara e il suo Museo a Punta Chiappa. Questa è un’iniziativa che mancava e che può far conoscere a tanta gente che non ne ha mai sentito parlare questo antichissimo e affascinante sistema di pesca, che ha lavorato quasi ininterrottamente dal 1600 a oggi e che tutti speriamo di veder scendere in mare per molti anni ancora. Annamaria “Lilla” Mariotti
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